(ALESSANDRO CARADOLFO) - Ci
siamo. Prima sconfitta in casa
Napoli e primi (inesorabili)
interrogativi. L’indiziato è il
modulo: 4-2-3-1, con la presenza di
un trequartista di grandissima
qualità, in grado di risolvere la
disputa con una giocata, ma che
fatica terribilmente a recuperare
posizioni in fase di non possesso;
due prime punte, forti tecnicamente,
ben affiatati e col fiuto del gol,
ma riforniti con palle lunghe o per
via centrale, limitati dal fatto di
non poter sfruttare indiscutibili
doti atletiche e balistiche con i
cross dal fondo; un centrocampo a
tre, con due cursori ed un regista
(?), che tendono ad inserirsi da
dietro lasciando il reparto
arretrato in balia delle sfuriate
avversarie; infine, una difesa a
quattro con esterni che spingono
poco e male, e centrali costretti a
duellare, spesso, in parità o in
inferiorità numerica.
Il Napoli non ha equilibrio. In fase
d’offesa si cercano quasi
esclusivamente le giocate nelle
intasatissime zone centrali, alla
disperata ricerca della
verticalizzazione per le due punte o
per gli inserimenti di Dalla Bona e
Montervino (unica variante); in
mediana, poi, Bogliacino non riesce
ad imporsi nel ruolo di regista
basso, dando sempre la sensazione di
essere fuori posizione. L’uruguagio
è timido, gioca esclusivamente
palloni in orizzontale e non ha
personalità ed esperienza per
coinvolgere nella manovra gli
esterni di difesa; inoltre, cosa non
da poco, non è abile in fase
d’interdizione.
Il vero problema però, sorge quando
si perde il possesso della sfera e
del gioco, laddove si scoprono,
sistematicamente, 3-4 calciatori
azzurri al di là della linea della
palla. Gli avversari alzano il
proprio baricentro, assecondando
rapide ripartenze e creando
situazioni di parità o superiorità
numerica rischiosissime per i pur
abili difensori azzurri. Soluzioni?
Beh, Reja di certo ne avrà, è il suo
lavoro, e quanto a professionalità
non crediamo abbia qualcosa da
invidiare a qualcuno. Si potrebbe
insistere con questo modulo di
gioco, magari inserendo Amodio in
luogo di Bogliacino, garantendo così
alla difesa maggior protezione;
magari agli interni dovrebbe
ordinarsi di fare i centrocampisti
piuttosto che gli attaccanti
aggiunti; magari i due esterni di
difesa dovrebbero essere messi nelle
condizioni di giocare più vicini ai
centrocampisti, in modo da tenere
tutta la squadra più alta e più
corta, riducendo così le siderali
distanze viste in occasione del
match di sabato (terreno fertile per
le ripartenze avversarie).
In alternativa, il tecnico Goriziano
potrebbe virare in direzione di lidi
certamente più ospitali, benchè meno
esotici: il 4-4-2, pronto a
trasformarsi in un più offensivo
4-2-3-1. L’inserimento di Capparella
(o Trotta) potrebbe essere la chiave
di volta; consentirebbe al Napoli di
sfruttare finalmente le inesplorate
vie delle fasce laterali.
Chi pagherebbe dazio? De Zerbi?
Probabile, a meno che il genietto
bresciano non accetti l’idea di
poter essere utile alla causa anche
in una posizione più defilata,
partendo da sinistra o da destra,
cercando più spesso il fondo e
quindi il cross. E Bogliacino?
Farebbe posto ad un esterno,
lasciando a protezione dei quattro
di difesa due incontristi puri come
Dalla Bona e Montervino. Certo, con
Capparella a destra e l’ex catanese
a sinistra la squadra sarebbe
comunque a trazione anteriore, ed
anche questa soluzione richiederebbe
un super-lavoro alla ricerca
dell’agognato equilibrio tattico.
Tutto vero, ma sarebbe molto più
semplice raggiungerlo con una
squadra meglio distribuita sul
terreno di gioco, e con i calciatori
messi nelle condizioni di occupare
in maniera più costruttiva e
funzionale ogni zona del campo.
Ricordiamo, a proposito, un Empoli
d’annata, giocare con Di Natale a
sinistra, Cappellini centrale e
Marchionni a destra, alle spalle
dell’unica punta Maccarone.
Risultato? Grandissimo calcio, e
vittoria del torneo cadetto con
diversi punti di vantaggio. Tutto è
possibile, dunque. A Reja la scelta,
mentre a noi resta la speranza di
non veder naufragare un progetto
tecnico che stimola il palato fine
della nobile platea napoletana.