(ALESSANDRO CARADOLFO) -
4-3-1-2. L’ordine di questi quattro
numeri, all’apparenza innocui, è
divenuto oggetto di analisi
approfondite e di critiche
impietose. Il sarto Reja ha
disegnato un abito che non garba,
una veste che va stretta (o larga)
persino a chi la indossa. Il nuovo
Napoli, quello che avrebbe incantato
e deliziato, sbanda, inciampa e
sembra aver smarrito quei barlumi di
gioco intravisti in precampionato.
Obiezione. Non sarebbe forse
eccessivo far dipendere gli stenti
partenopei d’inizio torneo dalla
nuova disposizione tattica scelta
dal tecnico goriziano (e da
Pierpaolo Marino)? Accolta. Ma è
oltremodo evidente che l’adattamento
degli interpreti sembra
smisuratamente problematico. Vista
all’opera in più di un’occasione,
questa squadra non sembra disporre
di uomini adatti alle nuove,
intriganti idee del tecnico
friulano. D’altra parte, l’anno
scorso si è vinto un torneo di C con
un’impostazione di gioco semplice ma
efficace, con due esterni larghi (Capparella
e Trotta) e due prime punte (Sosa e
Calaiò) in grado di dare profondità
e di finalizzare al meglio un gioco
sviluppato in prevalenza sulle
corsie laterali. Un 4-4-2 canonico,
certo, ma che, applicato a dovere,
ha permesso alla squadra di
esprimere nel migliore dei modi le
proprie potenzialità. Non si è
optato per la continuità, dunque. Ed
i risultati si vedono. Squadra
sempre lunga, pochissime giocate
sugli esterni (ieri, almeno, avremmo
dovuto approfittare della presenza
di Capparella), ricerca disperata di
lanci lunghi e persistenza di
costanti e siderali distanze tra i
reparti. La condizione fisica è ai
minimi “storici”, si dirà a parziale
giustificazione della limitata
coesione e dello scarso amalgama
mostrati dalla squadra. Inoltre, vi
sono diversi elementi della rosa non
ancora pienamente integrati.
Verissimo. E’altrettanto vero, però,
che il nuovo modulo ingigantisce
delle carenze che, ad inizio
campionato, rappresentano un male
comune a diverse formazioni.
La sentenza, dunque: il Napoli non
carbura, è senza idee e senza gioco;
oltretutto, ci vuole davvero troppo
poco per rendere dura la vita a
questa squadra. Ieri, ad esempio, il
"mago" Agostinelli, ha schierato un
centrocampo con tre centrali ad
impattare gli omologhi partenopei, e
due esterni larghi (Marchini e
Pesaresi) che allargavano le maglie
difensive azzurre, favorendo spesso
la giocata in profondità degli
attaccanti Graffiedi, Eliakwu e
Piovaccari, e che arrivavano al
cross dal fondo con irrisoria
facilità, soprattutto sul lato
sinistro (nostro lato destro) dove
Montervino e Grava erano in
gravissima difficoltà, a causa di
una palese inferiorità numerica e di
una condizione fisica
approssimativa(particolarmente in
debito il capitano). La loro trama
di gioco, fatto di possesso palla,
verticalizzazioni, cambi di campo e
presidio assoluto delle fasce, ha
mandato a vuoto centrocampisti ed
esterni napoletani.
Azzurri deludenti, dunque, ed
incapaci di chiudere la partita
sfruttando le praterie concesse
dalla compagine alabardata, complice
alcuni rimedi in corsa non proprio
felici del granitico Reja. La
sostituzione di Savini ha lasciato
tutti perplessi, così come la
rinuncia a Capparella in luogo di
Trotta, lasciando in campo un
Montervino che aveva già da un pezzo
esaurito le batterie.
Errori pagati a caro prezzo, Mister.
Ma in B ( e che B!) non esistono il
Manfredonia, l’Acireale ed il
Martina di turno. E’ un altro
pianeta questo, e lei lo sa, caro
Reja.