2/2/2005
(Carmen
Credendino dal mensile n. 3 di PianetAzzurro) - Il nome
di Francesco Postiglione è, di fatto, indissolubilmente
legato alla pallanuoto. Tanti i successi ottenuti, in
Nazionale e con il “Posillipo”. Senza mai assuefarsi né
adattarsi alle vittorie, tante, ed alla popolarità, l’atleta
Postiglione continua a rimanere saldo nel suo entusiasmo e
nella voglia di continuare a fare bene. Incontrandolo,
parliamo di questo e di molto altro.
Il tuo palma res è quello di un atleta che tanto si è speso
nel proprio sport e, meritatamente ne ha ricevuto
soddisfazioni. Elaborando un bilancio della tua carriera,
tra l’altro in fieri, quali sono i momenti che ricordi come
emblematici.
“Tanti sono i ricordi, positivi e non. Anche se,
fortunatamente, i ricordi dei momenti positivi sono
maggiori. Proprio fra questi ultimi, oltre alle vittorie
agli scudetti ed alle coppe vinti con il club, ci sono
sicuramente i successi conquistati con la nazionale. La
medaglia d’oro agli Europei di Vienna del 1995, il bronzo
alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 e non ultimo, l’argento
ai Mondiali del 2003. Del pari, ci sono ricordi di delusioni
cocenti, come la sconfitta alle ultime Olimpiadi contro la
Croazia, che ha interrotto la nostra corsa al medagliere”.
Il conferimento del premio per aver superato il traguardo
dei 500 gol segnati con il Posillipo, testimonia un
sodalizio lungo e produttivo fra te ed il club. Ti sei
affermato nel “Posillipo” ed il “Posillipo” si è affermato
anche grazie a te. Nel tuo futuro continuerà questo binomio,
o hai prospettato di misurarti anche con altre situazioni?
“Il “Posillipo” è la mia casa. Mio nonno Vittorio ne è stato
fra i fondatori nel 1925, e la partecipazione della mia
famiglia è continuata con mio padre Italo. Dopo la parentesi
romana ed il periodo da nuotatore, appena ho potuto, sono
ritornato con gioia a questa “famiglia sportiva”. E’ noto
che al “Posillipo” sono affettivamente e strettamente
legato, ragion per cui anche nel mio futuro c’è il proseguo
di questo rapporto”.
La squadra di questo anno ha parzialmente cambiato volto,
continuando a primeggiare. Ritieni che il gruppo sia
divenuto del tutto eterogeneo, o c’è ancora da lavorare per
fare meglio? E se si, in quale direzione?
“Rispetto alle precedenti stagioni, questa volta al
“Posillipo” i cambiamenti sono stati maggiori. Ma, sebbene
le persone cambino, non cambia la mentalità che si è
dimostrata essere vincente negli ultimi venti anni. La
nostra è una società dove si lavora con il sorriso sulle
labbra. Ed è questo clima il più opportuno per crescere di
giorno in giorno. Anche la presenza di Pino Porzio sulla
nostra panchina ha rappresentato un valore aggiunto;
nonostante la sua giovane età, ha messo a disposizione della
squadra l’esperienza sportiva personale, ed i risultati
dimostrano che è stata la scelta giusta. La pallanuoto è un
gioco di squadra e di automatismi, quindi per creare una
commistione sempre migliore fra di noi, bisogna lavorare
insieme sempre e sempre di più”.
La pallanuoto in Italia, vive di situazioni di ribalta in
occasioni periodiche, quali le Olimpiadi ed i Campionati
Mondiali, per poi tornare ad essere uno sport estremamente
“di nicchia” nel corso delle altre competizioni. Come credi
si dovrebbe lavorare, in particolare, come dovrebbe agire la
Federazione, perché l’attenzione del pubblico non sia più
altalenante?
“La pallanuoto è uno sport fra quelli considerati
minoritari. Sebbene da parte della Federazione si faccia il
possibile, ciò non basta affinché ci sia una conseguente
attenzione pubblica. Purtroppo, grande assente è l’interesse
degli enti locali rispetto alle esigenze territoriali. Molto
più costoso è costruire impianti per altri sport, che campi
di calcio. Questo interferisce alla nascita di una nuova
cultura che prenda in considerazione seriamente, come
dovrebbe essere, le altre attività sportive. Il problema ha
così una risoluzione più difficile, e certo non imputabile
alla nostra Federazione”.
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