(FRANCESCO PUGLIESE)
- Non si fa altro che
parlare di lui. E’ senza
ombra di dubbio il
personaggio del momento.
I suoi gol e le sue
strepitose giocate
stanno facendo impazzire
i tifosi rosanero che
mai come quest’anno
hanno ragione di sognare
in grande. Naturalmente
parliamo di Carvalho De
Oliveira, al secolo
Amauri. PianetAzzurro ha
avvicinato il fortissimo
centravanti brasiliano
per ripercorrere i
momenti salienti di una
carriera sfolgorante che
ha ancora tante pagine
da scrivere.
Tutti i riflettori sono
puntati su di lei. Come
vive questo momento?
“Per me è fantastico.
Penso che per chiunque
faccia il calciatore sia
gratificante essere al
centro dell’attenzione.
I tanti complimenti
fanno piacere ma ho
ancora tanta strada da
fare”.
Come è arrivato in
Italia?
“Per caso. Giocavo in
una piccola squadra del
campionato Paulista, il
Santa Caterina. Nel 2000
partecipammo al torneo
di Viareggio ed eccomi
qua”.
Cosa la convinse a
rimanere?
“Dopo l’ ultima partita
di quel torneo venne da
me un ragazzo dicendomi
che se fossi rimasto in
Italia sotto la sua
procura mi avrebbe
portato in A. Penso di
aver fatto bene a
credere alle parole di
Mariano Grimaldi”.
Il suo procuratore ha
paragonato la sua
vicenda a quella
descritta in un celebre
film del cinema italiano
nazionalpopolare degli
anni 80. Cosa accomuna
Amauri ad Aristoteles
del film “L’Allenatore
nel pallone”?
“Diciamo che dopo aver
visto il film ho subito
detto a Mariano che
sembrava proprio la mia
storia. Lui aveva visto
qualche mia cassetta ed
era venuto a Viareggio
per vedermi dal vivo.
Divenne il mio
procuratore e siccome
non avevo molte
possibilità fui accolto
in casa sua, proprio
come accade al
protagonista del film”.
Dopo una breve parentesi
in Svizzera, al
Bellinzona, passò al
Napoli. Come ricorda il
suo arrivo all’ombra del
Vesuvio?
“Certamente in modo
felicissimo. Andai in
prova a Soccavo per due
settimane, poi Mariano
mi disse che Pavarese,
allora ds del Napoli,
aveva deciso di
tesserarmi. Giuro che
piansi di gioia. Quasi
non ci credevo. Pensare
di giocare in Italia e
di farlo in un club come
il Napoli, beh non è da
tutti”.
Riuscì a togliersi
qualche soddisfazione?
“La più grande. A Napoli
segnai il mio primo gol
in serie A. Ricordo che
mancavano poche giornate
alla fine del
campionato. Giocavamo in
casa contro il Verona.
Lo stadio era pieno per
una partita molto
sentita. Mondonico al
34° mi buttò nella
mischia. Due minuti dopo
Pecchia mi lanciò sulla
sinistra ed io in
spaccata riuscì a
battere il portiere. Che
felicità, andai sotto la
curva per festeggiare.
Pochi minuti prima
neanche sapevano chi
fossi e poi tutti a
gridare il mio nome. E’,
ad oggi, il momento più
bello della mia
carriera”.
Perché, pur avendo
dimostrato grande
valore, il Napoli non la
confermò?
“Questo non lo so. Dopo
la fine del campionato
tornai in Brasile per le
vacanze. Il Napoli, per
riscattarmi, doveva
versare 40 milioni di
lire. Non certo una
cifra esorbitante, ma
pare che Corbelli non
fosse intenzionato a
tesserarmi. Il
presidente mi promise
che avremmo discusso il
contratto, ma dopo aver
rimandato più volte la
firma accettai la
proposta venuta dal
Piacenza”.
Dopo un anno da comparsa
a Piacenza fu
protagonista in quel di
Messina. Cosa le fece
fare il salto di
qualità?
“Innanzitutto la
società. Il Messina
puntava molto sui
giovani, la squadra non
aveva grandi pressioni
da fuori e per
ambientarsi queste sono
ottime condizioni. In
più la gente del Sud è
molto simile a quella
del mio paese. E’ calda,
ti supporta come poche e
riesce a farti dare
sempre il massimo”.
Eppure la sua
consacrazione avvenne
nella fredda Verona
clivense. Non contrasta
con quanto mi ha detto?
“Chievo è un mondo a sé.
E’ un club fuori dagli
schemi. Pur giocando in
serie A sembra non
soffrire delle mille
pressioni cui una
squadra della massima
serie è solita vivere.
In più, giocando per tre
stagioni a Verona, ho
avuto l’opportunità di
ambientarmi e di
crescere tatticamente e
tecnicamente”.
Del Neri, Beretta e
Pillon. Chi è stato il
tecnico più importante
per la sua maturazione?
“Senza nulla togliere
agli altri, dico Pillon.
Ha creduto molto in me,
mi ha sempre spinto a
dare il massimo
dicendomi che avevo la
stoffa per sfondare.
Dopo gli allenamenti mi
dava suggerimenti su
come muovermi in campo,
su cosa migliorare. Con
lui siamo arrivati in
Champions, penso che al
Chievo siano stati poco
riconoscenti per quello
che ha fatto”.
Il suo passaggio a
Palermo in estate è
stato l’ unico vero
colpo del mercato. Come
ha vissuto il
trasferimento in
Sicilia?
“E’ difficile spiegare.
Lessi
dell’interessamento del
Palermo sui giornali.
Dopo qualche giorno mi
chiamò Mariano dicendomi
che le società avevano
raggiunto l’accordo e
che dovevo preparare i
bagagli. Il Palermo ha
grandi ambizioni e
sapere di rientrare nei
piani di una società
così importante non è
cosa da poco”.
Il suo Palermo regala
spettacolo. Quale è il
vostro segreto?
“Per prima cosa c’è una
rosa molto assortita. Il
presidente ha investito
tanto. A grandi campioni
come Corini e Di Michele
si sono aggiunti
Bresciano, Simplicio,
Diana per non parlare di
campioni del Mondo come
Zaccardo e Barzagli. Poi
in panchina c’è Guidolin,
uno dei migliori tecnici
in circolazione. Il
mister ci chiede
fraseggi di prima e
ripartenze veloci e
questo va a beneficio
del bel gioco”.
Crede che si possa
pensare a qualcosa in
più del piazzamento in
Champions?
“Noi rimaniamo con i
piedi per terra.
Sappiamo che ci sono
squadre di grandissimo
valore come Inter e Roma
che cercheranno di
sfruttare quanto è
successo in estate. Per
noi è importante
continuare a far bene,
poi si vedrà…”.
Donadoni ha parlato
molto bene di lei. Se la
convocasse, cosa
farebbe?
“Io sono brasiliano e la
massima aspirazione che
nutro è vestire la
maglia verde-oro. Certo
è che in Brasile ho
giocato pochissimo,
quasi non si sono
accorti di me, mentre
l’Italia mi ha dato
tutto. E’ giusto parlare
con chiarezza e poi non
ho ancora la
cittadinanza italiana…”.
Il suo procuratore ha
detto che nel suo cuore
è rimasta Napoli. E’
Vero?
“Si, non lo nego. Napoli
non è una città
qualunque per me.
Conosco tanti napoletani
e la passione per la
squadra è contagiosa. Il
mio procuratore è di
Napoli e ricordo i suoi
occhi quando vestì la
maglia azzurra, per lui
era un sogno divenuto
realtà. Inoltre il mio
più grande idolo è
Careca che a Napoli ha
giocato e vinto tanto”.
Bene, quindi se in un
futuro le due società
dovessero trovare un
accordo lei tornerebbe a
vestire l’azzurro?
“Se al Palermo sta bene,
io vengo di corsa. Come
potrei rifiutare? Chi lo
farebbe? La società è
rinata grazie al nuovo
presidente De Laurentiis,
sembra avere solide
fondamenta e grandi
obiettivi. E poi se
rifiuto Mariano si
arrabbia…”.