(VINCENZO LETIZIA)
- Il calcio, la partita,
non c’entra niente con
tutto quello che avviene
ogni week-end al di
fuori o all’interno dei
nostri stadi. O meglio
c’entra, nel senso che
il luogo, zona franca
per l’inadeguata
legislazione, è idoneo
per scatenare rabbia,
odio e inscenare
guerriglie tollerate da
chi invece dovrebbe
impedirlo con leggi più
serie. Quanto avviene
allo stadio è
esattamente uguale a
quanto avviene nelle
scuole, per strada, in
stazione, con la
raccapricciante
differenza che se un
fatto del genere succede
in pizzeria si va in
galera e difficilmente
si esce, se invece
questo accade nei
paraggi di uno stadio di
calcio, il delinquente
passerà al massimo
un’oretta al fresco.
Questa premessa è
decisiva per comprendere
come i rimedi che
vengono proposti non
sono idonei allo scopo.
Colomba, allenatore del
Cagliari, propone di
vietare ai tifosi delle
squadre ospiti di andare
in trasferta, ma quasi
sempre gli incidenti
avvengono tra tifosi e
forze dell’ordine, non
tra tifosi. E gli
scontri e le violenze
sono sempre premeditate,
mai reazione ad un dato
fatto di gioco o
all’esito di una
partita. Ormai,
l’assalto alla caserma
di polizia o lo scontro
tra tifosi e forze
dell’ordine è divenuto
uno sport che va in
scena ogni sabato e
domenica tra
l’indifferenza generale.
Per come la vede chi
scrive, la risoluzione
del problema è semplice.
Basterebbe equiparare, e
dunque rendere efficaci,
le leggi vigenti dello
Stato anche ai fatti che
rientrerebbero secondo
una logica di
cervellotica
interpretazione alle
norme che si applicano
ai fatti sportivi.
Insomma, se un teppista,
o una orda di forsennati
intenti a industriarsi
in una guerriglia,
vengono sorpresi a far
danni, questi devono
essere repressi con
azioni anti-sommossa e
rinchiusi in galera per
anni. C’è poco da
girarci intorno al
problema.
Poi, c’è un’altra
questione che andrebbe
indagata con serietà. La
commistione
assolutamente oggettiva
ed evidente tra società
e ultrà. I club sono
loro stesso a mungere
questi soggetti, con
elargizione di favori e
anche sottostando il più
delle volte a minacce e
pressioni troppe poche
volte, anzi mai,
denunciate.
Ha detto bene Ulivieri,
tecnico del Bologna,
ieri notte a RAI1: le
società devono recidere
i legami con i gruppi
ultrà. E lo ha ribadito
oggi il Ministro della
Giustizia,
Clemente Mastella
commentando i tragici
fatti di Catania: “Il
fenomeno degli ultrà è
un cancro che va
estirpato una volta per
sempre. Costi quel che
costi- ha detto
Mastella -. Dobbiamo
salvare il mondo del
calcio, ma, soprattutto,
dobbiamo impedire che
frange di delinquenti di
questo tipo continuino a
nascondersi fra gli
spalti degli stadi,
usando la patente di
tifosi per farla da
padroni su tutto il
territorio nazionale”.
Un altro rimedio? I club
organizzino e finanzino
in proprio la sicurezza
negli stadi. Il pensiero
dell’ex ct della
nazionale campione del
mondo, Marcello Lippi è
illuminante: “Le
società dovrebbero dire
ai propri tifosi che
anzichè acquistare
calciatori per
rinforzare le squadre, i
soldi vengono dirottati
per garantirsi la
sicurezza, come succede
in Inghilterra…”.
Chiudiamo con una
considerazioni, è ormai
da quasi mezzo secolo
che si parla sempre di
problemi legati alla
violenza nei pressi
degli stadi di calcio:
tante chiacchiere sono
state spese senza
costrutto. Anche l’aver
interrotto i campionati
è per chi scrive,
un’azione retorica e
sterile. E condivisibile
il pensiero di
Renato Papa,
procuratore aggiunto di
Catania: “La
decisione di sospendere
i campionati di calcio è
un errore, perchè, lo
dico da cittadino,
significa che lo sport è
ostaggio di bande di
delinquenti”.
Appunto, il calcio è
ostaggio dei
delinquenti, e questi
invece di essere
debellati, vengono anche
nutriti dai club: peggio
di così…