(RENATA
SCIELZO) – Parlo proprio io per cui rugby
significa una palla ovale, pilone, Sei Nazioni, la
danza degli All Blacks e l’idea nemmeno so quanto
esatta che sia uno sport molto praticato e sentito
nel mondo anglosassone. Sono queste le uniche cose
che so del rugby. Mischia – eccone un’altra – e
valori, quelli di cui mi hanno raccontato i miei
alunni, quelli che a rugby ci giocano.
Perché ho scoperto di recente, che, contrariamente a
quanto si potrebbe pensare, almeno a Roma, il rugby
è uno sport abbastanza in voga tra gli adolescenti.
Fu uno di loro un giorno a colpirmi con una
esternazione: il rugby mi ha insegnato la lealtà e
l’onestà. Mi interrogai, pensai di andare a vedere
qualche partita, volevo capire.
Sono passati tre anni da quando questo ragazzo mi
fece porre l’attenzione su un mondo per me
altrimenti sconosciuto e camminare oggi per Roma,
con le strade piene di irlandesi che attendono
freneticamente la partita del Sei Nazioni, ha
ingenerato in me una riflessione spicciola, banale,
ma che vorrei condividere con i lettori di
Pianetazzurro, una riflessione che mi porta a
scrivere una sorta di inno al rugby, un inno
paradossale, un inno che muove dalla curiosità che
ho di imparare a capire e conoscere questo sport e
che scrivo nella speranza che nasca in sempre più
persone l’interesse per questo come per altri sport
meno “trasmessi” e meno “letti”.
In questi tre anni qualche partita nemmeno l’ho
vista, le regole non le ho ancora imparate ed ora
che è tutto un parlare di rugby, ho voluto dire
anche io la mia, come un bambino, in maniera
“ingenua”, diretta e un po’ naif.
Ho letto del presidente del consiglio Romano Prodi
che ha ricevuto la nazionale di rugby e palesato la
sua passione per questo sport, ho sentito di
biglietti esauriti da tempo e di uno stadio Flaminio
che sarà pieno fino a scoppiare, di ragazzini alla
ricerca disperata di un modo per entrare, ho visto
alla tv una pubblicità della nuova automobile della
più nota azienda italiana con protagoniste delle
signore in tailleur che inscenano la famosissima
danza degli All Blacks (figlia di un antico rito
maori… ed ecco un’altra cosa che so del rugby, o
almeno - spero non ci siano troppi puristi a leggere
- di quello moderno e di ciò che gli ruota intorno).
Insomma ho sentito parlare tanto di rugby, e non
solo perché il campionato di calcio vede ormai l’Inter
vincitrice da un pezzo. Inutile dirlo ho cominciato
ad interrogarmi.
Banale capire e immaginare che dietro tutto questo
interesse ci siano le recenti vittorie della nostra
nazionale, vittorie non scontate e per gli esperti
del settore - mi pare di aver capito – quasi viste
come impossibili alla vigilia. Ma forse c’è e ci
potrebbe o, quanto meno, ci dovrebbe essere anche
dell’altro.
Scozia – Italia e Italia – Galles e chi l’avrebbe
mai detto. Match vinti e ora un’Italia – Irlanda
che, quale sarà il risultato, regalerà a questo
sport un altro po’ di attenzione.
Ma poi….poi….poi i riflettori non si devono
spegnere, questo vuole essere il nostro appello. Se
parte del paese si è scoperta innamorata della palla
ovale, grazie alle imprese epiche dei ragazzi di
Berbizier, sarebbe bene fare qualcosa per
riscoprirne tutti il fascino, per capirci tutti
qualcosa di più e non solo quando si vince, ma anche
nei momenti “normali”, quelli di stasi.
Ciò che sta avvenendo mi ha ricordato in parte
alcuni episodi della mia adolescenza, quando
qualcosa di simile accadde per la pallavolo
maschile, complici i successi della mai dimenticata
nazionale guidata da Julio Velasco: quella dei
Giani, dei Lucchetta, dei Bernardi, dei Tofoli,
degli Zorzi, dei Cantagalli e compagnia bella. Una
serie infinita di epici successi e uno sport che si
conquistò le luci della ribalta grazie a sudore e
vittorie, per poi tornare non nel dimenticatoio, ma
comunque in secondo piano, rispetto a quella insana
passione nazionale, che contagia tutti, vecchi e
bambini, uomini e donne, ricchi e poveri: il dio
pallone.
Lungi da noi voler muovere il solito j’accuse contro
il calcio malato, il calcio dei media & co. A noi il
calcio ci piace (e permetteteci il colloquiale ci) e
ce lo guardiamo fino a morire, ma sarebbe bene che
iniziassimo e che si iniziasse a far appassionare i
nostri ragazzi anche ad altri sport, ad altre
discipline. Per appassionarsi a qualcosa bisogna
imparare a conoscerla e sarebbe bello se i media
nazionali incominciassero a dedicare un po’ di
spazio in più (ché poi alcuni palinsesti sono zeppi
di programmi inguardabili) a sport come il rugby,
soprattutto se sono poi sport che veicolano - come
mi disse il mio alunno allora, e come ribadiscono in
molti oggi (tra cui anche il presidente del
consiglio), – fair play, lealtà, spirito di gruppo.
E tutto questo sproloquio per dire poi cosa: per
dire che la mia speranza è che si muovano le acque,
che qualcosa cambi, che il presidente del consiglio
non si ricordi del rugby soltanto oggi a 24 ore dal
match del Sei Nazioni, che la gente provi a seguire
questo sport, provi ad invogliare i propri ragazzi a
praticarlo, provi ad informarsi.
Io ho iniziato da poco, ho iniziato da qui, dopo
quattro chiacchiere scambiate per strada con un
gruppo di ragazzi irlandesi che mi avevano chiesto
un’indicazione stradale. E Voi?
Voi cominciate pure da dove volete, magari da
domani, ascoltando radiocronache, passando la serata
in un pub “irlandese” a vedere la partita, oppure
aspettate dopodomani o il prossimo mese, ma
cominciate.
Cominciate perché vi si parerà davanti un universo
affascinante e tutto da scoprire, un universo che
non vuole e non deve essere alternativo all’universo
calcio e alla vostra passione per il calcio, ma
complementare. Perché se si amano i valori dello
sport, beh allora, si possono seguire uno, due, tre
e anche quattro sport. Poi ci sarà chi si
appassionerà di più nel veder la palla gonfiare la
rete, chi nel vederla che buca un canestro, chi nel
vedere due che su un ring combattono fino all’ultima
stilla di sudore e sangue, tutto questo poi è la
vita, sono le scelte, le naturali inclinazioni,
quello che conta oggi è provare a conoscere questo
come altri sport e regalargli una possibilità: la
possibilità di avere tanti amanti appassionati
sempre, non solo il giorno 16 marzo, il giorno di
San Patrizio in cui una marea – letteralmente - una
marea di irlandesi si riverserà nel nostro paese per
seguire un match che già prima di cominciare sa di
epico.
Gli umori della folla, le reazioni degli irlandesi
che nel dopo partita inonderanno i pub della
capitale, quelli poi se è il caso, ve li
racconteremo, ma voi provateci. Provate a conoscere
questo sport, provate ad innamorarvene.
“La palla da rugby è ovale per essere sinuosa quando
la abbracci e imprevedibile quando la rincorri
proprio come la donna che ami”.