17/12/2005
(VINCENZO CIMMINO) - Solo i più grandi, nel
bene e nel male, riescono a far parlare di sé anche
dopo la morte, questo è il caso di Marco Pantani
morto tragicamente il 14 Febbraio 2004 in un
residence a Rimini. La causa ufficiale: overdose di
eroina. Oramai è passato più di un anno e mezzo ma
la mamma del ‘Pirata’ (indimenticabile quella
bandana) non ci sta a chi dice che suo figlio sia
stato ucciso dalla droga: “Mio figlio lo hanno
ucciso i giornalisti, dopo il 98, anno in cui vince
sia il Giro che il Tour, era diventato un
personaggio così importante che distruggerlo sarebbe
stata un’operazione giornalistica incredibile. Anche
dopo il grave infortunio che ha subito nel 1995 ho
sentito troppe cattiverie sul suo conto, è uno
squallore”.
La signora Tonina rivela un episodio: “Dopo la
squalifica a Madonna di Campiglio per ematocrito
alto il presidente del Fan Club Pantani Vitorio
Savini ricevette una telefonata nella quale si
diceva che era stato meglio così perché Marco a
Milano non ci sarebbe arrivato lo stesso. Anche la
situazione in cui è stato trovato morto secondo me
ha ancora molti punti oscuri, ai carabinieri è
bastato vedere la droga nella stanza per archiviare
il caso ma ci sono molte cose che mi fanno pensare
che mio figlio possa essere stato ucciso, prima tra
tutte la posizione in cui era accasciato a terra:
era in una posizione innaturale per uno che cade da
un letto, era dritto. Inoltre la stanza era
devastata ma lui non aveva un graffio sulle mani,
anzi ce li aveva sul viso e nessuno si è chiesto
come se li era procurati come nessuno ha mai
indagato su cos’erano quei segni sul collo”.
La signora Pantani allora lancia la sua ipotesi:
“Secondo me lui era di spalle quando qualcuno da
dietro lo ha afferrato per il collo e lo ha ucciso,
per far sembrare il tutto un suicidio gli ha poi
messo in bocca della cocaina. Marco non si è
suicidato e io voglio che la verità venga a galla
perché mio figlio non era un mostro, era solo un
uomo fragile a cui avevano tolto la cosa più bella
che aveva, il ciclismo”.
Un’altra spiacevole cosa denunciata dalla signora
Tonina sono i continui furti di cui la tomba di
Marco è continuamente oggetto, tifoso o teppista che
sia nessuno dovrebbe mai permettersi di profanare
una tomba.
Le parole della povera signora in questi giorni
hanno ancora più peso adesso che fra poco uscirà un
libro di Philippe Brunel dal titolo “L’affare
Pantani, autopsia di un campione” nel quale il
giornalista de ’L’equipe’ ipotizza che la giustizia
italiana abbia clamorosamente fallito nell’indagine
sulla morte del ciclista. Brunel comincia con
l’accusare il medico legale che ci avrebbe messo più
di un’ora per arrivare al residence ‘Le Rose’,
un’esagerazione in una Rimini gelata e deserta. Poi
c’è il portiere che alle 20.30 va ad aprire la porta
perché da troppo tempo non sente l’ospite e scopre,
come logico che sia, che la porta è chiusa
dall’interno, la apre agevolmente con l’apposita
card. Ma la cosa che non convince è che la porta è
anche ostruita da mobili, accatastati contro la
porta. Come fa da solo a spostare tutto, come fa ad
aprirla? E se non è vero che c’erano tutti quei
mobili, perché dice di averli trovati? E sarà vero
che la porta era chiusa e Marco era barricato?
Altro punto oscuro il cibo cinese trovato nella
stanza: tralasciando il fatto che Pantani non aveva
mai mangiato quel tipo di vivande dalla sua autopsia
si chiarisce che nel suo stomaco non c’era traccia
di quelle cose benché il vassoio era praticamente
vuoto. Inoltre dal tabulato del suo telefonino non
c’era traccia di alcuna chiamata verso ristoranti.
Evidentemente al momento della morte Marco non era
da solo, qualcuno aveva portato quel cibo.
Philippe Brunel però chiarisce una cosa: “Non voglio
dire che si sia agito in malafede, dico
semplicemente che le indagini siano state troppo
frettolose e approssimative, mi auguro che venga
riaperto il fascicolo sulla morte di Pantani”. Se
mai dovesse avverarsi l’auspicio del giornalista
francese è probabile che ci sia una riesumazione del
cadavere per una nuova autopsia che sarebbe un
ulteriore smacco nella tormentata storia del
campione…
Intanto noi vogliamo ricordare Pantani per quello
che era, vogliamo emozionarci quando passando per
Cesenatico vediamo la statua che ci riporta con la
mente alle sue gesta. A proposito, la statua è senza
nome perché è vietato per legge intitolare monumenti
a persone morte da meno di dieci anni, un’altra
beffa per il Pirata…
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