BILANCI IN ROSSO E ISCRIZIONI A RISCHIO

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Gli esiti delle indagini contabili della Covisoc, l’organo di controllo contabile della Lega, non portano affatto buone nove. Diverse società di serie a e B sono toccate dal Marchio “d’infamia” della inaffidabilità, e tra esse ci sono anche società blasonate, vedi Roma e Lazio.

La vicenda tocca , ahinoi, anche il Napoli, che da un decennio a questa parte, non riesce a trovar pace, tra Presidenti in difficoltà finanziarie e creditori alle porte.

I postumi delle gestioni precedenti si fanno sentire: il Napoli ha rischiato di non potersi iscrivere al campionato.

Ma il problema è più vasto e va ben oltre le vicende nostrane. Il mondo del calcio è in crisi, ed a farne le spese sono soprattutto le società che non hanno alle spalle grossi gruppi finanziari, in grado di coprire le perdite e di rimpinguare le casse sociali con la liquidità.

D’altra parte era difficile che le cose potessero andare diversamente.

Paolo Maldini ha esclamato, qualche giorno fa che la responsabilità è di chi paga fior di milioni (di euro) per assicurarsi le prestazioni di calciatori normali.

Probabilmente ha ragione. Le stelle pesano sui bilanci, è vero, ma quante sono poi queste stelle?

Negli anni ottanta gli stipendi dei comprimari erano comparabili con quelli di dirigenti d’azienda di medio livello: settanta/ottanta milioni all’anno, più i premi partita. Oggi, diversi calciatori di serie B pretendono emolumenti che sfiorano il milione di euro, ed in qualche caso vanno oltre queste cifre( vedi Moriero). Fatte le proporzioni, si tratta di cifre astronomiche. Si aggiunga che le rose si sono notevolmente ampliate: ventidue/ventiquattro calciatori sono il minimo per ogni squadra.

Risultato pratico: le spese di gestione corrente sono cresciute a dismisura, ed il crac è dietro l’angolo. Occorre recuperare la vera dimensione dei valori  degli attori del calcio, altrimenti si rischia il collasso

 

di Flavio Riccelli

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