COME SIAMO LONTANI…

   

Ma davvero Andrea se ne va? È come lasciare una Ferrari per una Cinquecento” Con questa dichiarazione Diego Armando Maradona cercò di scongiurare il passaggio di Andrea Carnevale alla Roma.

Siamo nel 1990, il Napoli si è laureato per la seconda volta campione d’Italia e negli spogliatoi è festa grande. El Pibe, improvvisatosi cronista, intervista i compagni di squadra; microfono ad Andrea Carnevale: “sono felice, ringrazio tutti, sono stati quattro anni meravigliosi…” - “ma Andrea, con queste parole ci dici che vai via…” e, difatti, la punta italiana del tridente Ma.Gi.Ca. fece le valigie con destinazione Roma. 

Allora il Napoli era la prima forza del calcio italiano, seguivano le milanesi, la Juve guidata da Maifredi portò a termine uno dei peggiori campionati della sua gloriosa storia e le romane erano avvolte da una mediocrità che non lasciava intravedere vie d’uscita.

Eh, sì; Maradona, autore dichiarazioni a volte davvero discutibili, ci aveva preso in pieno. Tra quel Napoli e quella Roma c’era un abisso paragonabile alla differenza tra una Ferrari ed una Cinquecento. Il San Paolo era una bolgia festante, l’Olimpico era in perenne contestazione, gli stranieri del Napoli erano quel che erano, dei giallorossi Renato ed Andrade si parlava più  tra i barzellettieri che nelle trasmissioni sportive.

La Ferrari però cominciò pian piano ad arrugginirsi; alcuni pezzi di ricambio non furono all’altezza, il proprietario non era più in grado di pagare la tassa di possesso e finanche la benzina si dimostrò troppo cara. Un ultimo colpo di coda un piazzamento UEFA nel 1994 conquistato da una squadra giovane e promettente guidata da un tecnico ambizioso come Marcello Lippi. Squadra smembrata ed Europa che sfuggì nel 1997 con la sconfitta nella finale di Coppa Italia contro il Vicenza. Poi fu il buio.

Quella sconfitta ebbe il sapore di una disfatta se si considera che da allora il Napoli precipitò verso la B; stagione 1997-98, azzurri retrocessi con 14 punti in classifica ovvero la peggiore squadra della storia.

Si tentò l’immediata risalita con Ulivieri e con le sue promesse ma fu un vero e proprio fallimento; la “A” che arrivò con Novellino nel 2000, lo stesso anno in cui Lazio si aggiudicò il titolo ferendo nell’orgoglio Sensi e la sponda giallorossa del Tevere.

Ferlaino, dopo trent’anni di presidenza, passò la mano al bresciano Corbelli e, ingaggiato Zeman (ex di Lazio e Roma), si cominciò l’avventura nella massima serie con la convinzione di restarci a lungo. Ma le cose non andarono come si sperava; Zeman fu esonerato forse un po’ troppo frettolosamente, e Mondonico, confidando nella presenza di animal Edmundo, sottovalutò le difficoltà dicendo dopo ogni partita persa che il campionato del Napoli sarebbe cominciato la domenica successiva.

Si arrivò così ad una seconda, bruciante retrocessione. A nulla valse il 2-2 strappato alla Roma quasi campione d’Italia; il San Paolo era pieno per quella che era l’ultima spiaggia, i tifosi romanisti erano assiepati nei distinti con una rete sulle loro teste a protezione degli oggetti lanciati (bei tempi quelli del gemellaggio...).

Alla fine Roma campione e Napoli in B; strade deserte e volanti della polizia sotto l’abitazione di Ferlaino, ritenuto il primo responsabile e capitale in festa con servizio d’ordine al Circo Massimo per proteggere lo strip della Ferilli dalla marea giallorossa.

È storia d’oggi la gioia per il derby vinto e l’assordante silenzio degli spalti vuoti di Campobasso. C’è una distanza siderale, oggi, tra Napoli e Roma.

Per Andrea Agostinelli, esonerato dalla società partenopea, la distanza è nei duecento chilometri da percorrere tra i due caselli dell’autostrada. Pochi per una Ferrari, molti di più per una Cinquecento.       

Antonio Gagliardi

10/11/03  

 

   

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