ESCLUSIVA
DI PIANETAZZURRO
DE
PALMA:
"ECCO COSA
RISCHIA CHI NON
PAGA"
I
conti del
calcio sono di
colore rosso.
Anzi, rosso
vermiglio.
Nulla però
scuote le
società di
calcio, che
all'apparenza
continuano a
mostrarsi
serafiche e
tranquille. I
giocatori,
dalla A alla
C2, in più
di una
circostanza
hanno
esternato il
loro
malessere.
Scioperi,
mugugni,
proteste. Si
contano sulle
punta delle dita
le società che
il 28 del mese
retribuiscono
i propri
tesserati. In
serie A
la situazione
va abbastanza
bene,
scendendo di
categoria il
quadro
peggiora sempre
più. Stando alle
parole
dell'avvocato
Campana,
presidente
dell'Assocalciatori
e sindacalista
di vecchia data,
la situazione
più grave è
quella del
Napoli. Ne
parliamo con un
altro
avvocato, Luigi
De Palma,
che ha in mano le
lettere di
messa in mora
da parte dei
calciatori
azzurri.
-
Avv.Luigi De
Palma lei è
un
rappresentante
della AIC in
Campania, fa
parte del
collegio dei
probiviri
della medesima
associazione.
Parliamo della
nuova
normativa per
le iscrizioni
ai campionati,
le società
dovranno
essere in
regola con il
pagamento
delle mensilità
fino ad aprile
oppure pagare
fino a gennaio
e presentare
una
fideiussione a
garanzia degli
altri tre
mesi, giusto?
Ci potrebbe
illustrare le
conseguenze in
caso di
inadempimento
delle società
nei tempi
previsti?
"Le
società
corrono alcuni
rischi
federali in
base ad
accordi che
hanno con Lega
e Federazione.
Posso dirvi
che in base ai
patti con i
tesserati,
intendo i
calciatori,
questi possono
tutelarsi in
tanti modi.
Sicuramente,
il primo passo
da muovere è
quello di
chiedere
precise
garanzie.
Siamo in
totale marasma
in questi
termini, la
situazione del
Palazzo è in
continua
evoluzione e
molte regole
vengono
scavalcate. C'è
la legge 81
del 1991 che
vede i
calciatori
come
lavoratori
indipendenti,
per il resto
la stessa
clausola
compromissoria
come abbiamo
visto è stata
più volte
aggirata.
Secondo le
regole che una
volta venivano
osservate, la
clausola
compromissoria
prevede che
gli
interlocutori
per la
risoluzione
del
contenzioso
siano da una
parte la Lega di
appartenenza,
dall'altra i
calciatori. Il
diritto del
lavoro prevede
che si vada
all'arbitrato,
ma non è
obbligatorio.
Oggi infatti
le società
che pagano
fior di
quattrini per
il monte
ingaggi,
spesso fanno
ricorso in
secondo grado,
impugnano
l'arbitrato di
fronte al
giudice
arbitrario
(articolo
808): insomma,
chi vuole può
scavalcare
l'arbitrato,
le società
possono
tutelarsi in
questa maniera
dalle azioni
del
calciatori".
-
Veniamo al
Napoli: deve
tremare o fa
bene a
restarsene
tranquillo?
"I
calciatori
hanno avuto più
volte delle
promesse in
merito al
pagamento
degli stipendi
ma questo
adempimento
delle stesse
si protrae da
tempo. Non
sussiste il
fatto che a
fare le
promesse ora
è il
presidente e
non più i
suoi
collaboratori. Questa
volta i
calciatori su
mia
sollecitazione
hanno chiesto
delle
garanzie. Come
ho detto
prima, la
situazione è
difficile. Sia
per la società
che per i
calciatori".
-
I calciatori
sono così
arrabbiati
come sembra?
"Non
sono lieti di
non avere
retribuzioni
come non lo
sarebbe
chiunque che
non viene
pagato da
mesi. La
retribuzione
ha spesso una
natura
alimentare,
per qualcuno
serve per rispettare
accordi presi
con terzi.
Ogni atleta
nella vita si
comporta e
agisce tenendo
come punto di
riferimento
anche quanto
può spendere,
in base a
quello che
guadagna per
contratto. E'
ovvio che gli
stessi
calciatori si
trovano in
difficoltà se
non ricevono
quanto
stabilito da
contratto".
- E'
vero che non
tutti hanno
firmato la
spalmatura con
la società?
"A
me risulta che
sul piano di
spalmatura non
ci sia la
firma di alcun
calciatore, è
semplicemente
un vous-parlez.
Vuol sapere
perché? Per
fare un
contratto del
genere, una
spalmatura,
bisogna come
minimo aver
pagato fino al
31 gennaio. La
buona volontà
dei calciatori
del Napoli
potrebbe
addirittura
portare ad un
simile accordo
con il
pagamento fino
a dicembre. Se
però neanche
questo
avviene, è
naturalmente
impossibile
arrivare ad un
simile accordo
scritto".
-
Cosa succede
se decidono
di optare
per la
legittima linea
di tutela?
"Dopo
20 giorni
dalla fine
del mese del
quale non si
è osservato
il
pagamento,
scatta la
messa in
mora.
Decorsi i 20
giorni,
possono fare
la
costituzione
in mora. Se
entro altri
20 giorni la
società non
regola le
pendenze, i
giocatori
possono
comportarsi
in due
diversi
modi. Il
primo
prevede la
risoluzione
del
contratto
per
inadempimento.
Il contratto
verrebbe
risolto dal
collegio
arbitrale,
sentenza che
la società
potrebbe
impugnare. I
calciatori
quindi o
trovano
l'accordo
con un'altra
società nel
mezzo del
campionato o
continuano a
giocare con
il Napoli
facendo solo
la
costituzione
in mora e
avendo così
diritto allo
stipendio
fino al 30
giugno".
-
E'
nell'interesse
del
calciatore
mettere in
mora una
società?
Quali
vantaggi e
quali
vantaggi
porta
all'atleta
l'azione
legale
verso il
club di
appartenenza?
"Dipende,
naturalmente,
dal tipo
di
contratto
e dal
valore di
mercato
che ha un
giocatore.
Mi segua:
ad un
giocatore
a fine
carriera o
che ha
poco
mercato,
conviene
risolvere
il
contratto?
Naturalmente
no. Se ha
però un
pluriennale,
il
giocatore
ha
facilmente
la
possibilità
di
liberarsi
e di
trovare
subito una
nuova
squadra
disposta
ad
ingaggiarlo.
E' ovvio
che la
messa in
mora è
sempre un
rimendio
esremo,
per quanto
detto: il
calciatore
preferirebbe
sempre
avere lo
stipendio,
magari con
un piccolo
ritardo.
Ma quando
promesse
su
promesse
vengono
disattese,
è ovvio
che un
lavoratore
debba
agire di
conseguenza. Solo
per
tutelarsi".
-
Ci sono
precedenti
nel
calcio
italiano?
"Tanti.
Le
confesso
che,
facendo
questo
lavoro
da 26
anni in
Campania,
già in
altri
casi mi
sono
occupato
di
questioni
inerenti
al
Calcio
Napoli.
Ma era
un'altra
epoca,
con
diversi
proprietari.
Presentai
una
proposta
per
tutelare
i
calciatori
ma la
rifiutarono.
Era un
contratto
autonomo
di
garanzia,
una cosa
un po'
complicata".
-
Servono
questi
stipendi.
Ma se
Naldi
non può
garantirli?
"Qualcuno
li
dovrà
pur
versare.
Il
presidente
Naldi
oppure
il
classico
salvatore
della
patria
che
però
dovrebbe
intervenire
adesso
e non
a
luglio".
- Sussiste
il rischio del
fallimento,
dunque.
"Certamente:
se
tutti
questi
problemi
dovessero
"incancrenirsi",
il
pericolo
è
dietro
l'angolo.
Certo
però
non
sarà
questo
problema
a far
fallire
il
Napoli...".
-
Stipendi
e
debiti:
un
cocktail
micidiale,
insomma.
Da
napoletano,
quale
è
per
lei
la
via
per
salvare
e
soprattutto
rilanciare
il
Napoli?
"Guardi
la
cartina
geografica
del
calcio:
Chievo,
Albinoleffe,
un
tempo
Alzano
e
Castel
di
Sangro.
Il
tracciato
è
quello
disegnato
da
queste
squadre,
la
via
il
Napoli
doveva
intraprenderla
tre
anni
fa:
un
programma
giusto
e
fondato
su
basi
concrete,
una
società
bene
amministrata,
buoni
calciatori
ben
scelti anche
se
non
costosissimi
da
affidare
ad
un
buon
allenatore.
Questa
è
la
via
che
il
Napoli
dovrà
seguire
se
vorrà
rilanciarsi".
-
Ma
non
le
sembra
che
le
promesse non
mantenute
di
Naldi
siano
tante,
da
potergli
concedere
ancor
fiducia?
"Ai
calciatori
avevo
consigliato
di
chiedere
anche
un
rinvio
più
lungo,
ma
con
le
dovute
garanzie.
Sulla
fiducia,
io
se
non
vedo
le
garanzie
non
do
fiducia
neanche
a
Murdoch
o ad
Abramovich.
Non
è
una
questione
personale,
di
Naldi. La
verità
è
una
sola:
che
Naldi
deve
decidersi
se
pagare
o
chiudere
bottega,
rilanciando il
Napoli o facendogli
fare
la
stessa fine
della
Fiorentina".
Marco
Santopaolo
27/4/2004
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