(di Patricia
de Oliveira)
- La fisica
definisce
l'energia come
"la capacità di
realizzare un
lavoro". La
meccanica
aggiunge che
l'energia è la
forza che muove
un corpo in un
determinato
spazio.
L'energia non si
crea, non si
distrugge, ma si
trasforma. Nel
piano biologico
incontriamo
parte
dell'energia
negli alimenti.
Quello che
consumiamo ci
serve per il
mantenimento dei
sistemi di
conservazione
autonomi, per la
realizzazione
dei movimenti
meccanici e
psichici.
Per l'organismo,
intanto, non
basta aver
disponibile
l'energia
biologica, è
importante saper
impiegare,
movimentare. La
depressione
profonda o la
catatonia sono
buoni esempi di
quando la regola
non funziona
tanto bene - il
corpo sta pieno
di energia, ma
non realizza
nessun
movimento. Altro
esempio è della
manifestazione
del movimento,
ma senza nessuna
direzione
specifica - casi
delle
convulsioni
epilettiche.
L'energia
biologica si
mette alla
disposizione del
movimento quando
esiste
motivazione,
cioè quando
esistono
necessità e
bisogni inerenti
(ed interni) al
soggetto. A
questo processo
in cui l'energia
e la direzione
trovano una
strada unica,
nominiamo
Motivazione.
Storicaménte,
alla motivazione
si attribuisce
non solo la
direzione, ma
anche la
"forza"-
l'energia - del
movimento.
Finalmente,
siamo capaci di
capire che senza
motivazione è
impossibile
parlare di
movimento
intenzionale, di
una direzione
specifica, di
realizzazione di
obbiettivi e
lavoro.
Alcuni tecnici
credono che,
prima di una
gara, devono
utilizzare
"tecniche" per
far crescere al
massimo il
livello di
attivazione dei
loro atleti,
così strillano,
insultano gli
atleti e, a
volte, danno
qualche
"schiaffo" per
farli
“svegliare”.
Credono,
erroneamente,
che quanto più
sono attivati al
livello
emozionale, più
sale la
motivazione del
gruppo. Altra
situazione
disastrosa
nell'allenamento
è quella di
creare negli
atleti
aspettative poco
realistiche
sulle loro
possibilità
nella gara. La
famosa frase :
"tu lo puoi
fare" conclude
alto rischio in
se stessa caso
il calciatore
non riesca ad
arrivare al
massimo
previsto,
l'effetto sarà
catastrofico,
diminuendo la
sua motivazione,
togliendo la
fiducia nel
proprio mister
ed in se stesso.
Il ruolo più
importante che
un allenatore
può impegnare è
quelli di "motivatore".
Secondo Tutko e
Richards (1984)
la sua
personalità, le
sue convinzioni,
i suoi
obbiettivi e le
sue tecniche
sono gli
ingredienti
principali per
lo sviluppo
degli
atteggiamenti
positivi dei
suoi giocatori
ed il futuro
successo.
Perciò, non
posso fare meno
a dire che lo
staff tecnico e,
principalmente,
l'allenatore,
devono
analizzare le
proprie teorie
motivazionali ed
esaminare lo
scopo che
pensino
d''essere
importante per
ottenere i
migliori
risultati. Lo
studio accurato
dei perché
implica negli
esami delle
ragioni per le
quale si sceglie
fare certe cose,
impegnarsi o
meno in
determinate
compiti,
persistere per
tanto tempo in
un'attività o
soluzione
specifica.
Per chiudere,
come esempio di
"motivatore",
vorrei nominare
Leão. Portiere
brasiliano, che
ha giocato per
la nostra
Nazionale. Con
personalità
forte e
caratteristiche
energiche, dopo
esser passato al
Santos, è
tornato al
Palmeiras con la
difficile
missione di
rianimare la
squadra. Una
squadra apatica
e senza luce,
forse anche
senza regole
chiare. Oggi,
dopo pochi mesi,
la squadra è
arrivata ad una
dignitosa
posizione nel
campionato.
Senza grandi
"stelle",
l'allenatore ha
saputo motivare
individualmente
i suoi ragazzi e
creare altro che
l'intelligenza
emozionale del
gruppo,
l'intelligenza
sociale.
Per il Napoli
auguro una bella
stagione, ma
principalmente
l'avaliazione
accurata dei
suoi obbiettivi,
della sua
identità come
squadra, tanta
energia,
movimenti e
molta, molta
motivazione.