EPPURE SEMBRA IERI

 

 

…e sono già passati dieci anni. Dieci anni da quel maledetto 1°maggio che vide la Williams di Ayrton Senna proseguire diritta, spinta da chissà quale mano, schiantarsi contro il muretto della curva del Tamburello ad Imola.

Il G.P. di San Marino era cominciato da una manciata di giri e la vettura del pilota brasiliano era in testa. Non c’era bisogno di chiedere a qualcuno, di ascoltare la telecronaca o di aspettare la classifica in sovrimpressione; bastava aguzzare un po’ la vista e riconoscere quell’inconfondibile casco giallo per scoprire il suo piazzamento. Dopo aver inanellato la 65esima pole-position, primato che resiste ancora, Ayrton scappò subito via cercando così di portare a termine la sua prima gara della stagione.

La sua Williams Renault era una valida monoposto, non all’altezza della formidabile McLaren-Honda con la quale dominò la scena aggiudicandosi tre mondiali (1988-1990-1991), ma difficoltà di ambientamento resero più arduo del previsto l’inizio di stagione dovendo oltretutto fare i conti con la competitività della Benetton Ford condotta dal giovane emergente Michael Schumacher.

Quella di San Marino resterà la corsa maledetta per lui e non solo per lui. Durante le prove l’austriaco Roland Ratzenberger uscì fuori pista con la Symtec-Ford e si ruppe l’osso del collo. Tutti rimasero scioccati, erano anni che nella F1 non si registrava un incidente mortale ed il più colpito sembrava proprio lui, Ayrton Senna. Da alcuni fu visto passeggiare a capo chino proprio nel punto fatale al giovane pilota austriaco; aveva un’aria cupa, quasi fosse in preda ad un sinistro presentimento. Sinistro presentimento che emerse tutto in una telefonata fatta alla fidanzata Adriane:Non voglio correre, ho tanta paura”. Poi l’incidente a Rubens Barrichello, il tamponamento alla partenza che causò il volo di una ruota che, come un gigantesco proiettile, ferì alcuni spettatori…mai ricordata una serie così ravvicinata di sinistri.

Ma show must go on e la gara ebbe inizio: Ayrton non si trovava a suo agio nell’abitacolo della sua monoposto, un abitacolo dove, parole sue, “basta che mangio un panino per non entrarci più”, aspetto poi emerso in sede di giustizia ordinaria.

Il piantone dello sterzo fu il principale imputato; si ruppe improvvisamente rendendo la vettura ingovernabile. Lo Stato maggiore della scuderia inglese sostenne che fu lo stesso pilota a farlo modificare proprio a causa delle difficoltà di movimento che aveva all’interno dell’abitacolo, secondo altri invece il lavoro fu fatto all’oscuro di Senna e non certo a regola d’arte. Interrogativi questi che, dopo dieci anni, non hanno ancora trovato risposta.

Tutto il resto sono immagini rimaste impresse: l’impatto contro il muretto, i giri della vettura su sé stessa, il corpo immobile del pilota, i soccorsi non proprio tempestivi e la chiazza di sangue lasciata sull’erba. 

Oggi, nel 2004, la F1 è molto cambiata. Forse non si correrà più a Imola, si corre invece in Cina, in Malaysia, si sono ritirati Prost, Mansell e Damon Hill e la Ferrari che dieci anni fa gareggiava per onor di firma oggi sembra correre da sola. È passata molta acqua sotto i ponti, e molta ne passa ancora ma, secondo noi, sempre la stessa, monotona; come in una grande fontana o come un gigantesco presepe nel quale un circuito elettrico la fa andare su e giù.

Cosa ha lasciato Ayrton Senna? Non solo la “S” nel circuito brasiliano di Interlagos, non solo diverse associazioni benefiche alcune delle quali fondate da lui ma tutta una serie di sogni rimasti in sospeso.

Un uomo che non sogna è un uomo che non ha più ragione di vivere”: nessuno crede che uno come lui di sogni non ne avesse più.

Nel 1994 non fu l’anno del trionfo mondiale; i brasiliani che superarono l’Italia nella finale di Pasadena sono concordi nel ritenere la tragedia di Imola come l’evento dell’anno, il Napoli guidato da Marcello Lippi, proprio quella domenica, vinse contro il Foggia di Zeman e staccò l’ultimo biglietto per l’Europa mentre si stavano per concludere le riprese de “Il Postino” con Massimo Troisi, altro grande, scomparso di lì a poco.

Sono passati dieci anni…eppure sembra ieri. 


 

 

 

Antonio Gagliardi                                        16/4/2004

 

 

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