FERLAINO:"MOGGI HA USATO IL NAPOLI PER VENDICARSI DI ZEMAN"
 
 
Dopo Naldi, tocca ora all'ingegnere Ferlaino esprimersi sul difficile momento del Napoli e lo fa rilasciando un intervista al quotidiano Il Mattino. Un Ferlaino pimpante che dibatte su tutto e tutti: "Mi manca il Napoli, ho venduto quando forse era il momento, ma non creda che mi sia costato poco. Parlo anche in termini d’affetto. Mi sono separato da mia moglie anche perché mi ha costretto a vendere il Napoli. E dentro di me cova il rancore: perché il Napoli avrei voluto guidarlo ancora e bene. Forse non era il momento giusto".
Perché ripete: forse non era il momento?
"Ho sbagliato. Un errore che costa a me e al Napoli. Avrei dovuto cederlo prima, quando siamo tornati in serie A, il bilancio anche se in perdita era tra i migliori del calcio. E avrei dovuto vendere tutto il Napoli, non una quota. Volevo un distacco lento e non traumatico, volevo mettere a disposizione della nuova proprietà la mia esperienza".
E quindi ha scelto Corbelli.
"Purtroppo. Avevo avuto contatti con la Finsbury, ma io in quel bluff ho creduto. Poi è arrivata l’offerta di Mario Maione, voleva il 70 per cento, quindi quella della Chase Manatthan Bank attraverso Emanuele Filiberto. Poi Corbelli. Chiesi garanzie su di lui e la sua azienda. Tutti me ne parlarono bene. Invece s’è rivelato un errore. Corbelli ha cominciato subito a ingaggiare una guerra con me. Ha giocato al rialzo, aumentando il capitale mentre io non ne avevo la possibilità. S’è fatto convincere da Moggi a prendere Zeman, perché Moggi così avrebbe incastrato l’allenatore nemico. Corbelli scegliendo Zeman ha poi incastrato me ed il Napoli, visto che ero pronto a confermare Novellino. Un’annata pessima, il Napoli è passato da un deficit di 30 miliardi di vecchie lire a 100 miliardi. Ci ha illuso la rinegoziazione del contratto pay tv - dai 20 miliardi di Tele+ ai 60 di Stream - Corbelli ha speso tanti di quei soldi commettendo errori su errori: l’acquisto di Edmundo è emblematico".
Ma era o no il suo socio al 50 per cento?
"Ho tentato di fermarlo in tutti modi, ma non ci sono riuscito. La verità e che io e Corbelli non ci siamo mai presi. Lui non ha capito che nel calcio si retrocede e quando si va in serie B anche il danaro finisce. Poi è stato vittima di vicissitudini giudiziarie ed è finito tutto male".
Avesse venduto ancor prima, quando il Napoli era quello degli scudetti.
"Mai ricevuto offerte. Allora solo Briatore e Moggi si fecero avanti, ma erano proposte poco concrete. Il resto - Rivelli, Grappone, De Laurentiis, Pinzarrone - l’ha giudicato la storia del Napoli".
E così il Napoli s’è avviato verso la prima retrocessione.
"Più o meno. Ma andammo in B per varie ragioni. La prima fu la scelta Antonio Juliano, un capopopolo. Avevo venduto Ayala e Longo per 30 miliardi. Juliano volle decidere da solo. Si comportò da Masaniello e fallì acquistando i vari Shalimov. Bruciammo pure quei 30 miliardi".
Ma possibile che lei si difende dando sempre la colpa agli altri? È riduttivo dire che il Napoli andò in B per la scelta di Juliano. Le pare?
"Andammo in B perché...qualcuno per un piccolo complotto d’interessi personali pilotò la discesa in B. Nessun complotto di palazzo, sia ben chiaro. Per adesso vorrei solo dire che ci fu una macchinazione alle nostre spalle".
Accuse vaghe, perché non spiega?
Lo farò, ma non ora.
Adesso c’è un’altra crisi, il Napoli è sull’orlo della C.
"Ferlaino è stato il bersaglio dietro il quale si nascondevano i guasti del Napoli. Mi hanno attaccato, perseguitato. Ora che il bersaglio non c’è più forse qualcuno si accorge che non ero solo io il male del Napoli. È difficile fare calcio in generale e in particolare a Napoli. Artemio Franchi diceva che un buon dirigente è quello che sbaglia meno degli altri. E già sbagliare il 50 per cento è un buon risultato".
Quindi adesso Naldi sbaglia quasi al cento per cento?
"Non mi faccia dire questo. Il mio è solo un ragionamento".
Lei ha la sensazione di non aver lasciato il Napoli in buone mani.
"Quelle di Naldi erano e sono le sole mani. Non c’era altro, né altri. E poi io non ho ceduto il Napoli a Naldi, l’ho venduto a Corbelli".
Condivide le scelte di Naldi?
"Spesso lui mi chiede consigli, ma io gli dico sempre: decidi tu, non farti influenzare da nessuno".
Ma lei avrebbe stipulato un contratto triennale con un allenatore?
"Mai. Un anno con l’opzione sul secondo e conferma se le cose vanno bene. Altrimenti si cambia. Il calcio è strano, vive e programma a brevissima scadenza. Sa Naldi che mi disse quando prese Colomba? Tu hai sempre fatto accordi annuali con i tecnici, io ho più coraggio di te: a Colomba ho dato tre anni di tempo. Ma io Colomba, e ovviamente parlo da tifoso, non l’avrei mai preso. Non perché tecnicamente non sia bravo. Ho scelto gli allenatori in base al loro carattere e alla possibilità di adattarsi alla realtà Napoli. Colomba non ha il carattere giusto per questo ambiente. Ora il Napoli è in condizioni difficili. Soffro di più rispetto a quand’era mio. Allora potevo fare qualcosa, oggi assisto impotente alle sconfitte".
E magari vorrebbe tornare a Soccavo?
"Mai e poi mai. Il Napoli per me è come l’amore per una donna. Quando è finito è finito. Nel calcio non voglio e non posso ritornare. È un mondo nelle mani di tre potentati: Milan, Inter e Juve".
Calcio impietoso e cattivo, Baldini aggredito, il branco col fiato sul collo dei calciatori. Ma anche gli appelli alla moderazione di Carraro, stavolta ai presidenti.
"Nello spogliatoio si può dire, e spesso si dice, di tutto. Volano accuse feroci, a volte anche schiaffi. Ma al di fuori di quelle mura nessuno può accusare un altro. È sbagliato prendersela con la squadra. Naldi l’avrà fatto per difendere Colomba e Marchetti. Ma così ha scaricato i suoi calciatori. Quando Maradona venne nel Napoli rischiammo la retrocessione: eravamo terzultimi, ordinai di andare in ritiro e di uscire di lì solo con una soluzione alla crisi. Maradona alla notizia del ritiro mi rispose: io non ci vado, non sono fatto per questo. Gli replicai: se lei non è fatto per il ritiro non è fatto per il Napoli, decida se rimanere o andarsene. Per tutta risposta andò a casa a fare le valigie, voleva lasciare il Napoli, preparò tutti i bagagli. Stette un po’ a pensarci, poi venne con noi in ritiro. È un episodio significativo di come spesso si esce dal tunnel".

7/12/02

A cura di Vincenzo Letizia

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