IL FISCHIETTO MULTIETNICO

   

Prima o poi doveva accadere. Nella Babele del pallone, impero dove il Sole mai tramonta e tiene svegli tutti da gennaio a dicembre, la novità è dietro l'angolo e basta aprire gli occhi per coglierla. Dalle poppute e affascinanti calciatrici promesse - ma che mai arriveranno - da Gaucci a ipotesi ben più verosimili, passano due secondi, il tempo che il tifoso di turno impiega per apostrofare un arbitro dopo una sua decisione. Per (tentare) di porre fine a questo tipo di polemiche, ma soprattutto a quelle orchestrate da chi il pallone lo governa - chi lo governa realmente e non "di facciata" - si è pensato di ampliare il circolo, diventato vizioso, di arbitri. Cosicché dall'anno prossimo Nielsen, lo spilungone danese protagonista dei big match di Champions, non lo vedremo soltanto in un Manchester United-Juventus ma anche in un Juventus-Inter. Già già, il derby d'Italia arbitrato da uno straniero. Quando, d'altra parte, il pungolo dell'ambizione viene meno fra la nostra classe arbitrale, sembra che per evitare quell'eretica moviola che gambizzerebbe il gioco più bello del mondo allora non resti che affidarsi alla legione straniera. Prima che però improvvisati e non accreditati moderatori diano il via ad infuocati dibattiti sul come, dove e quando, sarebbe bene capire se questa è l'unica soluzione al problema e, soprattutto, perché si è arrivati a ciò. Bella domanda. La dovizia di particolari che rende appassionante una partita di calcio è passata da tempo immemore sotto la voce "materiale per la moviola". Primo punto. Forse già un buon viatico per rispondere alla nostra domanda. Ma non si può con due righe esaurire il problema e giungervi alla radice, la portata della questione non lo giustificherebbe. C'è dell'altro, un orribile aspetto della nostra classe arbitrale che trascende qualsiasi manovra dall'alto: la mediocrità generale. Ci sono arbitri bravi, forse sì, forse in serie C. Nella CAN maggiore, tuttavia, la giacchetta - verde, nera o gialla, ormai meglio rinunciare a simili precisazioni - è quasi sempre di lana e non di seta. Purtroppo. Il designatore in alcuni casi ci mette anche del suo, ma miracoli non ne può fare. In fondo lui amministra, non crea. Designa, non disegna anche se qualcuno potrebbe pensarlo. La mediocrità, ma con chi ce la prendiamo? Con madre natura? Non solo. Perché a parte la mediocrità "tecnica" c'è anche quella "professionale". Lungi dal voler definire gli arbitri tout court incompetenti, molto c'è da dire su come esercitano. Farsi vedere a Sportilia con la maglia del giocatore preferito e poi magari annullare un gol dalla regolarità palese alla squadra avversaria in cui milita il tuo eletto, beh, è - per usare un eufemismo - poco professionale. Ma anche qui: ce la possiamo forse prendere con la natura se gli arbitri sono tifosi? No, perché sappiamo tutti che molti se non tutti i direttori di gara, da grandi appassionati di calcio, hanno il pallino per un club. Chi nega questo, è forse un arbitro di bridge, la cui imparzialità appare insindacabile. Però, il fenomeno potrebbe essere arginato. In che modo? Con la soluzione più semplice ma aggirata dalla Federazione per il suo eccessivo costo: il professionismo arbitrale. E allora il guardalinee la smetterà di sentirsi chiamare "l'assicuratore" o l'arbitro "l'enologo", più facilmente si potrà sentirsi "arbitro" o "assistente" a tutti gli effetti. Con le conseguenze che comporta: tralasciando una condizione coniugale per molti tifosi manifesta e inconvertibile sebbene sfacciatamente falsa (sono i rischi del mestiere), ecco uno stipendio fisso ma soggetto alle prestazioni professionali. Se sei bravo, la busta paga si gonfia, se non sei bravo, si sgonfia. Si dirà: Carraro non ha un frutteto dove crescono rigogliosi gli euro. Non lo aveva, casomai: quanto verrà a costare alla Federazione un arbitro straniero, seppur mediocre? Quanto un arbitro italiano stipendiato a dovere. E, per conseguenza, un arbitro italiano di buon livello. Ne va del pane e del companatico da portare a casa a fine mese. Forse però questa soluzione verrà fuori quando ormai i biscardicidi avranno bollato, fra gli stranieri, gli eretici e gli ortodossi, quando cioè sarà troppo tardi. Ma se quella dello straniero al fronte è l'unica soluzione presa in considerazione dagli "addetti ai lavori", allora bisogna capire a cosa porterà. Lati positivi e lati negativi vi sono in ogni cosa, ovvio. Cosa c'è di positivo? Che gli arbitri non potranno capire gli insulti dei calciatori proferiti in toscano, in napoletano o in abruzzese, fatto che agevolerà il gioco "maschio" velocizzando partite troppo spesso noiose. Ma soprattutto da questa ipotesi caldeggiata da anni ci si aspetta una maggior imparzialità da parte dei direttori di gara stranieri. Errore fatale. Perché lo straniero appassionato di calcio ha da sempre il culto della Juve, del Milan o al massimo dell'Inter, le squadre che nell'ultimo ventennio hanno fatto più parlare di sé. E per restare a lavorare nel "bel paese" vorranno mettersi in mostra, il modo per farlo non è scritto sui libri ma è ricavabile empiricamente. Si dirà: sempre meno degli arbitri italiani. Argomento opinabile, il sospetto di un'aberrazione letale rimane. Il lato negativo: che fine fanno i nostri fischietti? Che comunque vada, non meritano di finire a mare, ma di fare esperienza. Però, chi li sceglierà? Abbiamo forse l'arbitro più bravo del mondo, ma a parte quello anche gli altri internazionali, per essere gentili, spesso hanno deluso le aspettative di molti. E allora? Li mandiamo in serie C o peggio? Forse una terza serie tranquilla sarebbe sempre meglio di un campionato svizzero o greco, ma si tratta di punti di vista anche in questo caso. Insomma, come si vede una soluzione del genere provocherebbe solo guai e non risolverebbe il problema, anzi. Ma tant'è: per complicarci la vita noi italiani restiamo sempre i migliori arbitri di noi stessi. 

 

Marco Santopaolo                                      03/12/2003

 

 

 

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