Che
fine ha
fatto il
99,53%
dell'Associazione
Calcio
Perugia
detenuto
in pegno
da
Capitalia?
Guardando
la
tabella
delle
"partecipazioni
rilevanti
in
società
non
quotate"
posta a
pagina
148 del
bilancio
2003 del
gruppo
bancario
presieduto
da
Cesare
Geronzi,
ci si
accorge
che tale
quota è
scomparsa.
Questo
pegno
connesso
ad
operazioni
di
credito,
compariva
almeno
dal
bilancio
del 1999
della
Banca di
Roma,
uno
degli
istituti
che sono
confluiti
in
Capitalia
nel 2002
e a cui
la banca
capitolina
lo ha
portato
in
"dote".
Fino a
due anni
fa era
presente
nel
documento
imposto
alle
società
quotate
dalla
delibera
11971/99
della
Consob:
nell'ultimo
esercizio
finanziario
della
banca è
invece
svanito
d?incanto.
Sulla
vicenda
della
quota di
maggioranza
del
Perugia,
Capitalia
mantiene
il più
stretto
riserbo.
Il
gruppo
bancario
ha
spiegato
soltanto
che tale
partecipazione
presa in
pegno
potrebbe
essere
stata
ridotta
oppure
dismessa
completamente.
Infatti,
la
delibera
della
Commissione
di
vigilanza
impone
di
dichiarare
solamente
le
partecipazioni
in
imprese
non
quotate
superiori
al 10%:
dunque,
non è
dato
sapere
se la
quota
detenuta
nella
società
calcistica
umbra
sia
stata
portata
al di
sotto di
detta
soglia
oppure
sia
stata
completamente
abbandonata
dall?istituto,
tramite
l?eliminazione
del
pegno.
Ma perché
la
società
calcistica
presieduta
da
Luciano
Gaucci
ha dato
in
pegno,
almeno
per
quattro
anni, il
suo
pacchetto
di
controllo?
Mistero!
Capitalia
non ha
voluto
fornire
spiegazioni
in
merito,
adducendo
la
necessità
di
tutelare
la
privacy
del
proprio
cliente.
Eppure
l?eventuale
cancellazione
del
pegno
non è
una
questione
da poco,
visto
che era
legato
alla
concessione
di un
prestito
bancario
rilasciato
da una
banca
quotata
a Piazza
Affari,
che
dovrebbe
rendere
conto,
in
omaggio
al
principio
della
trasparenza
borsistica,
delle
proprie
operazoni
al
mercato.
Capitalia
non ha
voluto
neppure
rendere
noto
l?importo
della
linea di
credito
concessa
a fronte
del
pegno.
Neppure
nel
bilancio
del club
perugino,
chiuso
al 30
giugno
2003, si
rilevano
tracce
dell?eventuale
spignoramento.
Ma
c'è
anche un
altro
mistero.
Ufficiosamente,
si
individua
sempre
il
presidente
Gaucci
come
l?azionista
di
riferimento
del
Perugia.
Tuttavia,
stando
alle
visure
soci
della
Camera
di
Commercio,
il suo
nome non
compare.
Infatti,
il
99,53%
del
Perugia,
affidato
sino al
2002 in
pegno a
Capitalia,
è
esattamente
la
percentuale
detenuta
dalla
Kilpeck
Overseas
Corp.,
una
società
di
diritto
estero
su cui
non si
può
ufficialmente
conoscere
chi
siano i
suoi
azionisti.
La
vendita
del
Catania
Nonostante
la
fresca
retrocessione
in serie
B, dopo
aver
perso lo
spareggio
con la
Fiorentina
il 20
giugno
scorso,Luciano
Gaucci
non
sembrerebbe
intenzionato
a
vendere
il
Perugia.
Di certo
c?è
solo al
momento
che
alcuni
giorni
fa il
numero
uno
perugino
ha
venduto
l?intero
pacchetto
azionario
del
Calcio
Catania
alla
Finaria,
società
controllata
da
Antonino
Pulivirenti,
attuale
presidente
dell?Acireale.
La
Finaria
e' la
holding
che
detiene
la
compagnia
aerea
siciliana
Windjet:
inoltre
Pulvirenti
e'
proprietario
della
Meridi,
società
operante
nella
grande
distribuzione
organizzata.
Particolare
curioso:
anche
nel caso
del
Catania,
la
famiglia
Gaucci
non
compariva
nell'elenco
soci
della
Camera
di
Commercio.
Infatti,
la quota
di
maggioranza
venduta,
pari al
74,5%,
era
controllata
da una
società
di
diritto
estero,
la
Audette
Holdings
Corp. Il
presidente
uscente
del
Catania
era però
uno dei
figli di
Gaucci,
Riccardo.
Gli
altri
quattro
soci
avevano
in
carico
12.750
azioni:
tre di
essi
sono
membri
della
famiglia
Massimino,
l'ex
proprietario
del
Catania
prima
dell'era
Gaucci.