L’EMPOLI
HA VINTO, MA LA GIUSTIZIA?
L’appello
della CAF ha dunque confermato le decisioni di primo grado sul caso Empoli, ora
sappiamo chi ha avuto ragione, ma siamo anche sicuri che ci sia stata
giustizia?
Il
procuratore Aiello ha fatto mea culpa in quanto l’indagine è partita in
ritardo a causa di segnalazioni tardive, ed “una fuga di notizie…ha poi
compromesso i controlli a sorpresa”, la tesi portata avanti che un errore
nelle procedure consiste comunque in una violazione delle normative anti-doping
è stata bocciata dalla Corte d’Appello Federale.
Questa
decisione consente dunque a chiunque di poter violare normative federali per
errori, e le società non ne risponderanno direttamente, tale sentenza
costituisce un grave precedente nella gestione di un calcio pulito, di questo
probabilmente non si è voluto tener conto.
Il
Palazzo dà ancora una volta l’impressione di voler difendere i propri
tesserati al di fuori di ogni regola, approvando tutto il possibile pur di non
toccare i propri interessi e di preservare il dorato mondo del pallone per come
è, senza scuoterne le fondamenta con una sentenza che poteva finalmente punire
il male dello sport, l’imbroglio in tutte le sue forme.
Il
sorteggio truccato consente dunque all’Empoli di giovarsi di un ingiusto
vantaggio senza la pesante sanzione della penalizzazione, ma la colpa è
davvero tutta dell’ex medico sociale? La sanzione in questo senso è
contraddittoria, nessuna penalizzazione ma comunque una multa alla società, a
tal proposito è interessante una dichiarazione del presidente Corbelli tratta
dal Mattino del 7/5/02: “Mi dispiace molto che una società debba pagare una
multa così alta pur non essendosi macchiata di nessuna colpa. Omissis
Non mi va il principio che una colpa, una pena, un reato, possa essere
monetizzato. Se fosse così, infatti, varrebbe la legge del più ricco. I
ricchi potrebbero permettersi ogni tipo di comportamento.”.
Indubbiamente
la data del 6 maggio 2002 dovrà essere ricordata come una giornata triste per
il mondo del calcio italiano, e per tutti quelli che credevano ancora in uno
sport sano ed onesto.
Raimondo
Miraglia
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