PRESIDENTI E ALLENATORI

 

 

di Emanuele Orofino

 

Si fa un gran parlare in questi giorni delle dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Milan (e del Consiglio) Silvio Berlusconi sul modulo da adottare da parte di Carlo Ancellotti. Si è gridato alla meraviglia perché in teoria un Presidente-padrone non dovrebbe mai interferire nelle scelte dell’allenatore-dipendente. Ma queste sono cose sempre successe e continuano a succedere tuttora.

 La “morale” imporrebbe che ognuno dovrebbe svolgere il proprio ruolo, stando ben attento a non oltrepassare il raggio d’azione di sua competenza. La realtà però, il più delle volte, è diversa. Il “mitico” comandante Lauro era famoso per le sue continue intromissioni sulle scelte del tecnico di turno. Persino l’ingegner Ferlaino, solitamente molto rispettoso dei ruoli, intervenne decisamente dopo un’imbarazzante sconfitta del Napoli a Lecce per “convincere” Ottavio Bianchi a schierare dal 1º minuto Andrea Carnevale nello stellare Napoli di Maradona.

Lo stesso Berlusconi caldeggiò ripetutamente l’impiego di Zynimir Boban nel suo ultimo Milan scudettato (quello di Zaccheroni del 1999). E Marcello Lippi, interrogato sull’argomento in questione, ha ricordato come simpaticamente anche l’avvocato Agnelli, se gradiva particolarmente l’impiego di qualche giocatore, faceva in modo di farglielo capire (sempre con l’immensa classe che lo rendeva unico).

 Anche gli avversari, politici e non, di Silvio Berlusconi non potranno negare l’eccezionale predisposizione comunicativa da parte del leader di Forza Italia. Al termine di un derby romanzescamente vinto dopo essere stati ad un passo dal baratro della sconfitta, non poteva non esprimere le proprie impressioni, le proprie idee.

 Ma a questo punto è lecito porsi una domanda: cosa avrebbe detto il Presidente rossonero se il suo Milan fosse uscito sconfitto da San Siro sabato sera?

 

MI CONSENTA MISTER

In questo momento è senza dubbio il personaggio più mediatico in tutto il panorama nazionale. Stiamo ovviamente parlando di Silvio Berlusconi, Primo Ministro, Presidente del Milan, patron di Mediaset nonché proprietario di Quotidiani, Riviste, Case editrici e cinematografiche, Banche, Assicurazioni e Aziende commerciali.

In Italia non c’è alcuno che abbia un “impero” così vasto e soltanto una ventina di persone nel mondo, all’incirca, possono vantarsi di avere un portafogli più gonfio del suo.

Parlate di me, anche male. L’importante è che parliate”: questo è il suo motto e, grazie a questa filosofia, ogni sua dichiarazione, espressa con quell’enfasi che solo lui è in grado di utilizzare, alza sempre polveroni inestricabili.

Da Borghi a Savicevic, da Boban a Tabarez (“Chi è? Uno che canta a Sanremo?”), dalle esternazioni che spinsero Zoff a lasciare la panchina azzurra dopo la beffa di Euro2000 al presunto suggerimento degli schemi ad Ancelotti nell’intervallo della finale di Manchester, questo solo per parlare di calcio.

L’ultimo polverone riguarda le direttive tecniche impartite al tecnico del Milan circa l’impiego delle due punte.

Il Diavolo esce vittorioso dal derby di sabato sera grazie ad una incredibile rimonta; ma il presidente è contento a metà e subito dopo il match, con la sua inconfondibile espressione bonaria, bacchetta il suo allenatore primo in classifica con un vantaggio, in quel momento, di otto punti.

Una squadra come questa non può schierare un solo attaccante, da ora in poi Ancelotti dovrà sempre impostare la partita con due punte in campo. E questo non è un consiglio ma una direttiva ben precisa.”

Non è stato il classico sasso lanciato nello stagno ma un meteorite che ha sollevato una vera e propria onda anomala.

Le dichiarazioni sono state al centro della discussione in diverse trasmissioni serali, in taluni casi si è persino sfiorato lo scontro politico ed è stato, ovviamente, chiesto un parere a quanti più allenatori possibile.

Il meno meravigliato di tutti è apparso proprio Ancelotti il quale conosce troppo bene Berlusconi per non sapere che si tratta solo dell’ennesima disquisizione calcistica di un padrone tifoso e, a suo dire, estremamente competente.

Si potrebbe ora aprire una questione puramente tattica per capire se lo schema che prevede le due punte sia poi effettivamente più offensivo del modulo ad una punta o se non sarebbe preferibile adottare lo schema d’attacco a seconda delle caratteristiche dell’avversario che si affronta, senza lanciarsi allo sbaraglio ritenendosi superiori sempre e comunque.

Ma l’interrogativo principale, a questo punto, è un altro: può un presidente intervenire in maniera così perentoria sulle questioni tecniche? Queste non sono di esclusiva competenza dell’allenatore?

Ci sono state risposte di ogni tipo: “Si, il presidente è il proprietario di una società e può intervenire in ogni momento” – “No, il presidente deve fare il presidente e lasciare all’allenatore le decisioni tecniche”. Ci sono state anche risposte bipartisan del tipo “Il presidente può intervenire, ma in separata sede, nel chiuso degli spogliatoi”.

Vediamo come il Milan sarà schierato nelle prossime partite, ma non facciamola troppo lunga. In fondo si è trattato di parole piene di prosopopea, ma non certo volte a sminuire il lavoro fin qui svolto, parole di chi vorrebbe veder giocare la propria squadra sempre all’attacco come ogni tifoso di calcio che si rispetti. 

 

 

Antonio Gagliardi                                                           24/2/2004

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