SCONCERTO E AMAREZZA TRA NAPOLI E COREA

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I colori azzurri, di qualsiasi tonalità siano – e qui ci riferiamo al Napoli e all’Italia – paiono davvero stregati. E’ ancora sotto gli occhi di tutti la sciagurata gara degli ottavi di finale, che ci ha visti penalizzati da un arbitraggio a senso unico, condotto da un signore ecuadoregno che nell’arco dei quasi centoventi minuti ha fatto di tutto per intimidire l’Italia, creando una condizione psicologica negativa. L’ammonizione immediata su Coco, il rigore concesso al quarto minuto hanno fatto intuire da che parte tirava il vento, come ha detto Trapattoni, e le notevoli potenzialità politiche della federazione coreana, come ha detto Ranucci, della delegazione azzurra.

La partita è scivolata via con diversi episodi dubbi, gomitate a gioco fermo non viste, fino al gol annullato a Tommasi e al’espulsione di Totti con rigore negato (a proposito: da molti si è detto che il rigore non c’era, ma diversi interventi analoghi- prima palla poi gamba- sono stati sanzionati quando commessi dagli azzurri).

Per il resto, è stato abbondantemente detto da tutti gli organi di stampa.

Su fronte partenopeo, quello dell’azzurro un po’ più chiaro, con una società molto sbiadita, la cui proprietà si arricchisce con una new entry, il finanziere Haq, la confusione regna sovrana.

Ferlaino non è stato pagato da Corbelli, che non è stato pagato da Naldi, che vuole vendere ad Haq, il quale avrebbe intenzione, però, di rivoluzionare gli organigrammi societari.

In una situazione del genere parlare di programmazione sembra grottesco: le altre compagini si muovono sul mercato, ponendo le basi per la performance del prossimo campionato. A Napoli, ovviamente, si litiga per la spartizione della torta.

di Flavio Riccelli

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