PERSO IL PRIMO ROUND, ECCO I MOTIVI

 

     

 

La FIGC rispedisce al mittente l’istanza del Napoli di fitto d’azienda. Gaucci e il suo entourage di professionisti si era professato ottimista sul parere della Federazione sulla materia. Difatti i professionisti del presidente perugino, ben consci che le NOIF, ovvero le norme dell’ordinamento sportivo non prevedevano il fitto del ramo d’azienda per una società di calcio ma nemmeno lo escludevano esplicitamente, hanno basato le loro ragioni giuridiche sul fatto che essendo le società calcistiche delle S.p.A poteva estendersi ad esse la disciplina civilistica applicabile a tutte le società per operazioni che non hanno come oggetto sociale l’attività calcistica professionistica.  Inoltre nella documentazione presentata a via Allegri si è voluto fare richiamo anche alla disciplina prevista dall’ art 20 delle Noif, essa  prevede la possibilità di fusione, scissione delle società calcistiche nonchè il conferimento in conto capitale dell’azienda sportiva in una società interamente posseduta dalla società conferente. Ebbene queste possibilità di modificare l’assetto costitutivo delle società calcistiche in modo radicale, ha indotto i legali  a  pensare che in virtù della norma citata si ammettesse implicitamente anche la possibilità del fitto d’azienda di una società di calcio, che indubbiamente è un “rimedio giuridico” molto meno traumatico rispetto alle ipotesi sopra indicate, le quali portano ad una vera e propria rivoluzione in seno alla società d’origine. Difatti ricordiamo che il fitto del ramo d’azienda è solamente un prendere in gestione una parte dell’azienda, con la possibilità al termine del contratto di locazione di poterne riscattare la proprietà. Il parere negativo della Figc esplicitato da una nota dal giurista Angelici, Preside della facoltà di Giurisprudenza della Università “La Sapienza” di Roma verte invece sulla incompatibilità dell’istanza di fitto con l’art 52 delle Noif. La norma in esame fa riferimento al titolo sportivo, la cui proprietà non è in nessun caso delle società di calcio ma bensì della Federazione Italiana Gioco Calcio. Il comma 2 a cui si fa richiamo nel parere della FIGC dice che: “il titolo sportivo non può essere oggetto di valutazione economica o di cessione.” Ossia che il titolo sportivo  non può essere commercializzato da  una società professionistica. E’ questo l’assunto per cui la FIGC ritiene di non dover dare l’ok al fitto d’azienda, l’affittuario infatti rileverebbe con la gestione della azienda calcistica anche il titolo sportivo che permette di giocare in un campionato professionistico, nella fattispecie la serie B. In pratica la cessione del titolo sportivo si verificherebbe con l’istanza di fitto e ciò andrebbe a violare il comma 2 dell’art 52 delle norme dell’ordinamento sportivo a cui debbono attenersi le società facenti parte alla FIGC.

Ora la patata bollente passa al Tar del Lazio che dovrà con procedura d’urgenza esprimersi sulla questione.  

Luigi Giordano                                      8/07/2004

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